venerdì 9 marzo 2007

La storia di Filema

Filema è il gesto con cui si riconoscono gli amici, un'espressione, un segno, una parola antica, che non fu scelta a caso, perché nasceva dalla frequentazione di giovani studenti e docenti, nel corso di sere trascorse insieme intorno a un libro, formulando domande, ricercando ragioni, tempi e luoghi inattesi. Un'esperienza che si ripete da sempre nei racconti delle storie di lettere e filosofie. Tante volte è accaduto e tante volte accadrà. Saranno differenti le circostanze, le ore, ma avranno avuto e avranno ancora la stessa emozione e l'incanto della sera. Saranno uguali le ombre e i ricordi, le parole. Quelle letture racchiuse nella condivisione di una passione erano esercizi di sapere alla ricerca di strumenti nuovi per scavare l'impensato, quel che è documentato, scritto e da scrivere. Scoprivamo allora che di là della filologia del debito, per cui si restituisce un testo alle sue vicinanze storiche, c'è la filologia della voce, quella fatta a proprie spese e rischio, che consegna il libro al proprio tempo, allo scarto di tempi e generi differenti che corrono insieme nel mondo.
Chi ci vedeva dall'esterno, presi dalla passione di quell'interrogare e vedere dentro libri come fossero illustrazioni della mente, viaggi, passaggi e paesaggi di idee, avrebbe detto, come le guardie di Liside, che eravamo amici, proprio quando provavamo a dire dell'amicizia senza trovarne una definizione.
Sono stati anche momenti di esilio forzato. Ripiegamenti di passioni comuni a fronte del mondo lacerato da profitti selvaggi, esposto a cambiamenti profondi di cui si riusciva a vedere lo scambio di classi in razze e la libertà costretta a conflitti di confini. Non si capiva o non si poteva piuttosto o non si voleva né capire né che fosse così. Si preparavano nuove esclusioni e nuovi privilegi, nuove economie. Noi eravamo là, a perimetrare una lontananza, e a non volere. Forse la letteratura e la filosofia sono così. Ti fanno vedere e volere altre cose, insegnando a vedere altrimenti.

Poi è venuta Camerota, quella terra rossa che declina tra sentieri di gerani e ginestre, misurata dai passi che portano al mare nella distanza minima dei verdi ulivi. Il sole la raccoglie tra l'azzurro dell'acqua e del cielo. Camerota divenne una leggenda. Rischiò la poesia. L'incanto. Ma Camerota è stata un luogo d'istruzione e formazione, un seminario all'aperto, fuori dalle mura. L'incontro di parole diverse che provano ad incontrarsi fuori da recinzioni. All'aperto. La seconda settimana di giugno ci ritrovava al Villaggio Villamarina. È stato così per anni. Poi è venuta Filema, sono venuti i libri. Il piacere del testo. Le forme. La ricerca di un sapere fuori del sapere codificato. Un patto tra lettere e filosofie, liberando le une e le altre dalla storia della filosofia e della letteratura, per riscoprire generi e differenze. Filema è venuta cos&igrave. Non senza affanno. Una casa. Una casa di libri, editrice. Un'educazione sentimentale. Perchè la casa è un luogo di riparo e d'istruzione. Ha le sue maniere: uno stile. I libri poi sono anche degli oggetti di cura, perchè sono come l'involucro di quel che non si può più trattenere senza che sfugga ad ogni lettura. Filema è un progetto politico, che muove dall'esercizio di sè e dell'incontro con l'altro. L'attenzione alla differenza di genere ha avuto la parte principale. Il primo libro di Filema è Amore differenza mondo. Un'educazione sentimentale.